Intervista a Davide Iacopini:«Nella vita e nella recitazione, nasce tutto dall’ascolto»

Per descrivere un attore ed un essere umano come Davide Iacopini penso, immediatamente, al verbo “ascoltare”. Un verbo che è più di un’azione. Per un artista del genere, l’ascolto non diventa soltanto un atto da compiere, nella vita e nella recitazione, ma un vero e proprio sentimento che coinvolge il cuore, la mente, lo sguardo, la parola. L’arte è fatta di ascolto, di un’accoglienza che avvolge e tesse i legami umani e le storie che stai per raccontare. Lo sa bene Davide che, continuamente, sperimenta e comprende l’importanza di un verbo così coraggioso e necessario per il suo mestiere. Dopo averlo visto nelle vesti di Niccolò Machiavelli nella serie internazionale Leonardo, lo ritroveremo in TV con la serie Masantonio – Sezione scomparsi, diretta da Fabio Mollo. E così l’artista, che ascolta, si trova a raccontare, con empatia e credibilità, una potente storia su chi scompare e chi resta.

Dal 25 giugno, sarai in TV con la serie Masantonio – Sezione scomparsi. Che esperienza hai vissuto sul set?

Mi sento molto legato a questa serie. Durante le riprese, mi sono tanto divertito. Per me, è stato un bel lavoro. Ho collaborato con un gruppo di lavoro che stimo tanto, che va da Alessandro Preziosi al regista Fabio Mollo. Spero che questo progetto possa essere seguito da tante persone.

Il tuo personaggio, inizialmente, faticherà non poco a relazionarsi con Elio Masantonio. In che modo hai costruito Sandro?

Sandro non è il partner che vorresti accanto, ma è quello di cui hai bisogno. Ho cercato di lavorare in contrapposizione. Elio, per esempio, è un personaggio estremamente scostante, potenzialmente antipatico, scontroso e all’apparenza menefreghista. Mentre io ho cercato di dare a Sandro un’empatia, anche quando si approccia ai familiari delle vittime. All’inizio della storia, Elio e Sandro Riva saranno molto in contrasto. Non riescono a trovarsi. Pian piano, però, riusciranno a trovare una strada per incontrarsi, senza spostarsi troppo dalle loro posizioni.

Gianluca Leoncini, ideatore della serie, ha dichiarato che Masantonio – Sezione scomparsi racconta il mondo degli scomparsi ma anche quello delle persone che restano, di quelle che aspettano chi non c’è. Credo che sia molto interessante questo confronto tra chi è assente e chi, invece, resta a soffrire.

Gianluca Leoncini ha una sensibilità unica. Masantonio – Sezione scomparsi racconta gli scomparsi a 360°. Al centro della storia, c’è sicuramente la ricerca delle persone scomparse ma si pone attenzione anche a quanto quella scomparsa possa far male a chi resta. Gli scomparsi non vengono visti soltanto come vittime, ma molto spesso anche come colpevoli che, volontariamente o meno, feriscono le persone che hanno accanto e che si trovano a convivere con la loro assenza. Tutto ciò rappresenta un ribaltamento dei piani molto interessante. Diamo tanta considerazione a chi rimane.

So che hai appena finito le riprese di Tutta colpa della Fata Morgana, per il ciclo Purché finisca bene, in cui sei protagonista insieme a Nicole Grimaudo di una storia moderna e magica.

Abbiamo girato per un mese in Calabria. La regia è quella di Matteo Oleotto, con cui avevo già lavorato nella serie Volevo fare la rockstar. Matteo è un regista molto bravo a cui voglio un grande bene. (Sia Matteo che Fabio Mollo sono tra i miei registi preferiti con cui ho lavorato). Siamo stati tutti molto bene insieme. Questa ha rappresentato una bella avventura sia per me che per Nicole Grimaudo. Dopo quasi due anni di pandemia, sul set si respirava un po’ l’aria di vacanza. Ci siamo goduti un piacevole posto di mare.

Poco fa, hai citato Volevo fare la rockstar di Matteo Oleotto. Personalmente, ho amato il tuo inaspettato Giovanni Trevi. Che ricordi hai di quel ruolo?

Negli ultimi anni, ho lavorato a progetti molto belli e piacevoli. Volevo fare la rockstar è girato ed ambientato a Gorizia. Io sono cresciuto a Novi Ligure, un posto estremamente simile a Gorizia. Il clima è decisamente lo stesso: fa freddo, c’è la nebbia e spesso piove. Quindi, mi sentivo molto a casa. Matteo Oleotto ci ha fatto sentire subito a nostro agio, per cui, è stato molto semplice stare sul set. Penso che il mio personaggio sia stato scritto molto bene. Quando leggevo le sceneggiature, di volta in volta, mi chiedevo: “Ok, adesso cosa mi faranno fare?”. Non sapevo mai cosa aspettarmi da lui. Era il peggior miglior amico e, al tempo stesso, il migliore “miglior amico”. Sapeva risolvere i problemi in maniera contorta ma efficace. Mi sono divertito, anche perché non credo di essere simile a quel tipo di persona lì. Quindi, quando racconti un personaggio diverso da ciò che sei, è sempre più divertente. Specialmente quando agisce in modo inaspettato.

Nella serie Leonardo, hai interpreto Machiavelli ed hai, così, recitato in inglese. In che modo hai affrontato la recitazione in lingua straniera?

Questa rappresenta una delle mie prime esperienze recitative in lingua straniera. Parlo un buon inglese e sul set avevamo un dialogue coach londinese che ci aiutava con l’accento british. Devo dirti che è stato entusiasmante ed anche semplice potermi approcciare alla recitazione in un’altra lingua. Inoltre, il cast era formato da attori disponibili e professionali. Forse, è stato un po’ più difficile doppiare me stesso in italiano, successivamente. Ma sono contento perché c’è sempre da imparare.

Nel 2012, approdi sul grande schermo con il film Diaz di Daniele Vicari. La pellicola fu presentata al Festival di Berlino. Da allora, di strada ne hai fatta. Quanto ti senti cambiato, rispetto ai tuoi inizi?

Sai, ci stavo pensando proprio ieri a questa cosa. Mi sento tanto cambiato. Sono passati dieci anni. Non è poco. Mi rendo conto di essere chiaramente più consapevole. In Diaz, arrivavo sul set e mi fidavo ciecamente del regista, ero nelle sue mani. Facevo le cose che piacevano a me ma mi affidavo completamente. Adesso, invece, nell’affidarmi agli altri, conosco meglio me stesso. Riesco a tradurre, nel miglior modo possibile, le richieste che mi vengono fatte in qualcosa che sia nelle mie corde. Riesco a fare delle scelte molto più consapevoli che non vuol dire “essere migliore” ma avere più controllo di ciò che faccio ed è ancora più piacevole.

R.Krasnig

Nel mestiere d’attore, quanto credi che sia importante il verbo “ascoltare”, avere la capacità di ascoltare il personaggio che ti viene proposto e la storia che devi raccontare?

Hai toccato un tasto fondamentale. L’ascolto rappresenta il 70% del lavoro di un attore, dal mio punto di vista. Se in una scena non ascolti chi hai davanti, puoi essere bravo quanto vuoi ma risulta tutto poco credibile. Nasce tutto dall’ascolto. Quando due personaggi si guardano, restano in silenzio, ma si ascoltano, possono raccontare molto di più che in un atto unico di parole. C’è bisogno di ascolto e di interesse nei confronti delle persone con cui ti stai rapportando. L’ascolto è importante nella recitazione ma anche nella vita. Quando, nella vita, ascolti una persona riesci a creare un legame, anche solo ascoltandola, senza parlare. Sul set dicono: “la macchina da presa vede ogni cosa”. Ed è vero. Si accorge di qualsiasi cosa, di qualsiasi micro-distrazione che puoi avere, di qualsiasi pensiero che tu possa fare. Devi essere concentrato e devi ascoltare ciò che succede, altrimenti si vede. I momenti migliori che ho vissuto sul set sono stati quelli in cui c’era più ascolto.

Nell’ultimo anno abbiamo visto film e serie, soprattutto sulle piattaforme ed è stato anche un po’ difficile poter scegliere i progetti giusti da guardare. Che spettatore sei stato in questo periodo?

Sono stato un ‘piccolo spettatore’ in questo ultimo periodo. Ho un figlio piccolo e gran parte del tempo l’abbiamo dedicato a lui. Quando Arturo ce lo concedeva, ho guardato la serie The Umbrella Academy che ho apprezzato tantissimo. L’altro giorno, abbiamo visto Luca, il nuovo film d’animazione della Pixar. Sono nato a Genova e cresciuto a Novi Ligure, quindi, ho sentito un collegamento forte con il protagonista. Mi è piaciuto veramente tanto. Inoltre, mi ha molto colpito Pieces of a Woman. Trovo che Vanessa Kirby sia indescrivibile, così come lo è stato Shia LaBeouf. Nonostante tutti i problemi che abbia da essere umano, Shia è un attore estremamente pericoloso. Non sai mai dove la sua interpretazione può andare a finire.

Ecco, pensando a Pieces of a Woman, ho trovato molto profondo ed interessante il mondo in cui è stato raccontato il dolore. I due protagonisti vivono la sofferenza dell’assenza in modo totalmente diverso. E così ritorniamo al punto iniziale della nostra chiacchierata di oggi…

Sì, se ci pensiamo Masantonio – Sezione scomparsi ha molto a che fare con la sofferenza. La cosa bella è che tratta la sofferenza con tanta qualità. La fotografia di Claudio Cofrancesco è cinematografia. C’è molta attenzione. Le scenografie sono pazzesche. Il cast è tutto di grande livello e la sceneggiatura è sottile. Il modo in cui vengono trattati tutti i temi della serie, come il lutto per una persona persa, non è mai superficiale. C’è un modo elegante e sottile di raccontare una storia tagliente. La narrazione è molto sottile ma sa arrivare sempre al punto.

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