Intervista a Lucio Provenza: «Recitare mi rende libero»

Intervista a Lucio Provenza: «Recitare mi rende libero»

Recitare per essere liberi. Abbattere ogni barriera, trovarsi faccia a faccia con le proprie fragilità. Lucio Provenza ha permesso alla recitazione di renderlo un essere umano libero, consapevole di ogni storia che dovrà raccontare, pronto ad accogliere ogni persona a cui dovrà dare un’anima per portarla sullo schermo. Il suo mestiere lo mette continuamente alla prova e lo farà per tutta la vita.

Intervista a Lucio Provenza

Benvenuto, Lucio. Partiamo dall’inizio. Te lo ricordi il giorno in cui hai pensato: farò l’attore?

Lucio Provenza: Ciao! Sì perfettamente. Ero piccolo, avevo poco più di tredici anni e frequentavo un corso di teatro a scuola,
ero vittima di bullismo e l’unico posto dove il “forte” ero io, era il palcoscenico. Da lì, non ho mai smesso.

Sei nel cast del film Napoli – New York, diretto da Gabriele Salvatores. Come é stato essere diretto da un grande regista?

Lucio Provenza: È stato meraviglioso, ricordo con affetto quando mi venne data la notizia, ero sul set della serie e, subito
dopo la chiamata, iniziai ad abbracciare tutti! Quando il maestro mi accolse sul set mi disse: “Ti ho scelto per la luce che hai negli occhi, non la perdere mai”. Che cosa potevo avere di più?

?Cosa speri che arrivi al pubblico di questa storia?

Lucio Provenza: Il cuore, l’amore, l’accoglienza. Quest’ultima tutti la pensano e la dicono e pochi lo fanno. Pochissimi.

Sei nel cast de L’amica geniale – Storia della bambina perduta. In che modo ti sei avvicinato a questo progetto?

Lucio Provenza: Peppe, per me, è un ragazzo comune che, un po’ per necessità e un po’ per ambizione, decide di intraprendere
la via del male. Mi piaceva l’idea che chiunque lo avesse visto, avrebbe potuto dire: “anche io avrei fatto così”. Quindi l’ho reso umano, a tratti sensibile e anche impulsivo e “forte”.

Partendo dai romanzi di Elena Ferrante, come hai costruito il personaggio di Peppe?

Lucio Provenza: Dai romanzi si evince che è un ragazzo ambizioso e che comunque non è così cattivo come si può pensare
altrimenti non si sarebbe preso cura della famiglia. Dopo aver letto i libri, ho capito che lui non è diverso da me. Peppe mi assomiglia per trascorso di vita, ma abbiamo fatto scelte lavorative diverse, l’ho accolto e ho cercato di capirlo, senza mai giudicarlo. Spero questo arrivi.

Intervista a Lucio Provenza: «Recitare mi rende libero»

Quali sono le consapevolezze e le forze che il mestiere di attore ti sta dando oggi?

Lucio Provenza: La consapevolezza che qualsiasi cosa accade nella mia vita c’è sempre un motivo e invece di “arrabbiarmi”
l’accolgo come una benedizione perché quello che oggi per me potrebbe essere una giornata “no”, domani potrebbe risultarmi utile per una scena o un personaggio in particolare. Sono positivo. Gli attori non sono forti, sembrano, ma non lo sono. Siamo forti solo perché mostriamo le nostre debolezze. Almeno per me è così.

?E quali sono le fragilità che spesso il tuo lavoro ti mostra?

Lucio Provenza: Lavori con i tuoi “mostri” costantemente. Tutte le paure, le insicurezze e le ansie. Tutte. Non ti lasciano
mai, sono dietro l’angolo. La bravura sta nel lasciarle uscire solo quando necessario, ma credetemi che non è semplice. Soprattutto per chi è ipersensibile come me, è una lotta continua. Chiunque potrebbe dire: ma come fai? Ma chi te lo fa fare? Credetemi me lo chiedo spesso anche io, ma poi mi rispondo che niente e nessuno mi fa sentire libero e mai giudicato come il mio lavoro.

Quali sono le voci degli esseri umani che speri di raccontare, un giorno?

Lucio Provenza: Tutti quelli che, per un motivo o per un altro, non hanno mai parlato e che magari soffrono in modo
silenzioso, per qualsiasi motivo.

Cosa significa la parola “libertà” per Lucio?

Lucio Provenza: Si aprirebbe un mondo su questa cosa, per me. La libertà è tutto ciò che non ti fa porre la domanda: perché? Ma ti fa dire: perché no? La libertà di essere se stessi, realmente, è un lusso che non tutti si possono permettere, un po’ per scelta, un po’ per bigottismo, un po’ per forza, un po’ per paura di essere giudicati. La mia fortuna è che con il mio lavoro, posso dare voce a tutti, anche chi non capisco.

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