Intervista a Lorenzo Adorni: «Abbiamo bisogno di raccontare storie oneste»

Maschile Singolare approda su Amazon Prime Video il 4 giugno, prodotto da Rufus Film in collaborazione con MP Film e distribuito da Adler Entertainment. La pellicola è diretta da Matteo Pilati e Alessandro Guida e narra la storia di Antonio (Giancarlo Commare), costretto a mettere in discussione tutte le sue certezze quando viene abbandonato dal marito, dal quale dipende sia psicologicamente che economicamente. Con il supporto dell’amica di sempre, Cristina (Michela Giraud) e dei nuovi amici Denis (Eduardo Valdarnini) e Luca (Gianmaro Saurino), riacquista fiducia in sé stesso. All’orizzonte si affaccia la possibilità di un nuovo amore per Antonio. Arriva Thomas, interpretato in modo credibile e veritiero da Lorenzo Adorni, e la vita del protagonista viene messa alla prova. Thomas rappresenta una sorta di finestra su cui poter guardare, finalmente, il mondo con occhi completamente nuovi.

Maschile Singolare pone uno sguardo semplice ma d’impatto sugli esseri umani. Racconta i sentimenti da scoprire. Ci ricorda l’importanza degli incontri che ci aiutano a dare valore a ciò che non vedevamo. Ci porta a vivere quelle crescite necessarie che ci cambiano e migliorano, in qualche modo.

Quando conosco Lorenzo Adorni ed ascolto i suoi racconti, penso immediatamente a come potrei descrivere la sua persona e la sua arte. E mi viene in mente la parola greca ????. Per gli antichi greci la psyché era l’anima ed il respiro. Prima di tutto, il termine psyché indica la sfera psichica, ossia un’anima sensibile ed una mente riflessiva. Ma psyché significa anche respiro, quel soffio vitale che dà la vita.

Lorenzo porta con sé un’arte reale, preziosa, ricca di valori e necessità. Il suo è un soffio vitale che avvolge i personaggi che incontra e le storie che racconterà in futuro.

In che modo descriveresti Thomas?

Thomas è quella persona che serviva ad Antonio per scoprire che le cose possono funzionare anche in altri modi. A volte, c’è bisogno di scoprire che per stare bene veramente con una persona che ti piace, devi stare bene con te stesso, devi essere appagato. Per me, Thomas è un personaggio giusto, una di quelle persone che si incontrano raramente nella vita. Esistono persone che ti amano, ma non ti vincolano. Ti lasciando esprime. Quella è la vera forma d’amore. Thomas fa capire ad Antonio che può esprimersi, che ha tanto da dire e che ha un talento da far emergere. E così Antonio si pone delle domande su cosa vuole fare della sua vita, su cosa vuole davvero per sé stesso. Credo che il mio personaggio sia stato fondamentale per questo passaggio. Permette ad Antonio di spalancare la finestra sul proprio cuore, sulle ambizioni che ha, sul mondo e semplicemente sul proprio volere. Non è qualcosa di scontato, ma di molto difficile da poter realizzare. Dire: “Vorrei questa cosa”, non è mai qualcosa di facile. Si ha sempre paura di andare contro il volere dell’altro. Tutto questo si intreccia molto bene con il fulcro del film.

Credo che un film come Maschile Singolare possa essere necessario per il nostro Cinema, rappresenta una reale e concreta carezza sull’anima. Cosa ne pensi?

Maschile Singolare, nella sua delicatezza, non rappresenta un film individualista. Questo è un film profondamente generoso. Pone la questione dell’individuo ma non dell’individualismo. Un individuo, come parte integrante di un sistema oppure di una relazione, deve fondamentalmente star bene. In qualsiasi nucleo sociale, se il singolo essere umano sta bene, c’è molta più probabilità che anche l’intero gruppo di persone possa stare bene. Sono sempre stato un appassionato di animali e penso ad un branco, per esempio, dove il termine “coppia” non esiste, ma esiste il termine “branco”, qualcosa di molto ampio. In quel contesto, è fondamentale che l’individuo sia solido e per questo, il branco protegge l’individuo e l’individuo protegge sé stesso. Anche il branco viene protetto dall’individualismo. Infatti, l’individualismo nel branco viene assolutamente punito. Mentre, l’individualità no, perchè è necessaria. La bellezza di un film come Maschile Singolare è questa. La pellicola non ti dice: W i single. Antonio soffre per un amore finito, in quanto è realmente coinvolto in questa storia. Si mette in discussione, comprende la sua cattiva abitudine di mettersi in secondo piano nelle relazioni. Per star bene con l’altro, non esiste che tu debba metterti in secondo piano. Bisogna essere in movimento. Sai, penso che questo non sia un film soltanto LGBTQI. Sarebbe riduttivo catalogarlo in un genere soltanto. La tematica viene affrontata con assoluta normalità. Non ci sono drammi e giudizi, tutto viene narrato con normalità. La storia entra nella quotidianità del pensiero comune. Esistono storie di amore diverse e Maschile Singolare racconta una storia semplice e normale.

Lorenzo Adorni e Giancarlo Commare in una scena di Maschile Singolare

Quali sono stati i pensieri, i dialoghi e le costruzioni che tu e gli altri attori del cast avete affrontato insieme ai due registi Matteo Pilati e Alessandro Guida?

Matteo Pilati e Alessandro Guida hanno creato un film molto semplice ed onesto che racconta una storia d’amore verso gli altri, che passa necessariamente attraverso l’amore per sé stessi. E questo è un messaggio bellissimo. Parliamo di amore, di amore per noi stessi e per gli altri. Spero che questo film possano vederlo tanti ragazzi, ma anche tanti genitori. Tutte le forme di amore sono importanti. I personaggi di questa storia non sono perfetti. Non c’è niente di perfetto, nemmeno le relazioni sono perfette. C’è molta diversità in questa storia. Però, tutto si incastra per cooperare insieme. La perfezione è nella cooperazione più che nell’incastro perfetto. Maschile Singolare ha una grande delicatezza e gentilezza. Con molta delicatezza, ti offre una normalità nuova, per molti impensabile perchè purtroppo scopriamo tutti i giorni quanto per alcune persone quella normalità raccontata e delineata nel film non solo è impensabile ma è anche da punire, in quanto non normale.

Il dialogo tra di noi si apriva sull’onestà della messa in scena. Non si voleva mostrare nulla di artefatto. Ma volevamo raccontare qualcosa di onesto. E tutto questo doveva partire dall’interiorità che noi attori offrivamo ai personaggi per renderli veri. Volevamo rendere questo film il più reale possibile per rendere la storia quotidiana. Il punto non è l’omosessualità, ma cosa deve raccontare ogni singolo personaggio in Maschile Singolare. Chi ami e come ami, deve essere normalità. Abbiamo reso credibile ciò che accade tra le persone. Raccontiamo un amore reale, una passione ed un desiderio credibili. Tutto il cast ha fatto un lavoro molto reale e professionale. In questo film, nessuno ha voluto raccontare dei cliché e delle forzature. Maschile Singolare racconta la storia di un essere umano, dove il realismo è legato ad un’emozione.

Quanto credi sia cambiata la narrazione all’interno delle storie? C’è ancora chi differenzia e separa le storie femminili da quelle maschili con l’avvento delle piattaforme?

Le piattaforme streaming hanno permesso di ampliare non solo gli orizzonti italiani ma anche degli altri paesi esteri. Questo ha, in qualche modo, costretto tutti noi ad osservare come gli altri paesi narrano le storie. Guardare altre storie pone tante domande, è come viaggiare. Conoscere altre culture ti porta dei quesiti. In Italia, c’è ancora una fase di arretratezza. Ancora oggi si pensa che il pubblico voglia guardare serie e film che permettano di stare in una zona di comfort. Sicuramente esiste questo tipo di pubblico, ma esiste anche un pubblico che vuole essere educato al progresso. Ci sono tante persone che non vedono l’ora di essere portate verso le tendenze di tanti altri paesi. Per esempio, ho amato The Handmaid’s Tale. Le protagoniste assolute sono donne. Questa storia non solo intrattiene, ma si muove in maniera molto articolata, esponendomi un mondo davanti agli occhi. Non guardo l’orientamento sessuale, ma l’importanza della storia che viene raccontata. Per quanto mi riguarda, parlare di narrazione “femminile” o “maschile” è già una sconfitta per il progresso. Si dovrebbe parlare di narrazione bella e basta. Abbiamo bisogno di considerare le persone capaci, indipendentemente dal proprio sesso. Bisogna creare qualcosa per cambiare le cose intorno a noi, non per seguire le mode. Altrimenti, le cose non cambiano. Per quanto riguarda la serialità italiana, ho trovato interessante la serie Imma Tataranni. C’è un tentativo di cambiamento, una volontà di creare nuove strutture. Tutti noi attori ed attrici abbiamo voglia di raccontare in maniera diversa le storie umane. Siamo ancora un po’ indietro, ma dobbiamo ripartire da qualcosa di semplice: il bisogno di voler raccontare una storia, in maniera onesta, senza spettacolizzare necessariamente la stessa storia. Per i registi, sceneggiatori ed attori è fondamentale capire cosa è necessario raccontare. Solo a quel punto si può osservare davvero una storia.

Spesso, si afferma che per raccontare una storia di una donna bisogna che la scriva necessariamente una sceneggiatrice che può capire quel determinato universo. Cosa ne pensi?

Le donne non sono alieni. Gli uomini non sono alieni. Tutti noi abbiamo provato varie forme di dolore. Possiamo raccontare i dolori nello stesso modo e sai perchè? Perché c’è bisogno di empatia. Trovo assurdo che le cose debbano essere rese schematiche. Perché dobbiamo dire: per raccontare bene il mondo femminile, serve una donna che scriva quella determinata sceneggiatura? Per raccontare il mondo femminile, prima di tutto, devi imparare ad osservare il mondo che ti circonda. Se non sai raccontare il mondo femminile, come uomo, ti manca qualcosa di umano. Non tutti siamo in grado di fare questi passaggi, e le persone non vanno colpevolizzate. Ma gli sceneggiatori e le sceneggiatrici non devono schematizzare l’universo maschile e quello femminile. Non deve essere tutto estraneo, tutto fuori da noi. Bisogna avere voglia di raccontare delle urgenze, delle storie forti.

Quando hai capito che volevi vivere di questo mestiere?

A dieci anni, ho fatto un piccolo spettacolo a teatro e da quel momento, ho capito che stavo molto bene sul palco a fare tutto quello che facevo. Mi sentivo molto bene ad essere qualcosa di diverso e a raccontare una storia attraverso me. Dopo, ho frequentato il liceo classico, sono andato all’Università anche se spaventato dal percorso artistico che volevo costruire. Ho fatto i conti con me stesso. Ho iniziato a fare dei corsi, sono stato preso in due Accademie a Milano. Poi, mi sono trasferito a Roma. Avevo il sogno di fare il regista e crescendo mi sono detto: Un regista deve sapere che lavoro fa un attore, per dirigerlo. Mi sono avvicinato alla recitazione e adesso sono impantanato in questo enorme mondo. Chissà, magari un giorno, tornerà anche la regia a bussare alla mia porta. La recitazione è nata, partendo dal sogno di un bambino. Nel bene e nel male, cerco sempre di preservare quel bambino dentro di me. Ha ancora tanta voce in capitolo. Di conseguenza, mi guida sempre in qualche modo. Non gli ho mai negato nessuna parola. Così, ho seguito le mie inclinazioni. Ho avuto fortuna ma mi sono tanto impegnato, c’è stata tanta fatica. Questo mestiere mi ha dato tanti bellissimi incontri, ma tanti incontri di cui potevo fare a meno. Però, questo lavoro mi permette di crescere molto più facilmente con me stesso. Mi permette di vedere tante cose di me. E per me, non è poco. Alla fine dei conti, quello sotto giudizio sono sempre io. Io come essere umano. Anche un medico, se ci mette passione, mette in gioco sé stesso quando opera. Quindi, penso che tutto questo abbia a che fare non tanto con l’essere attore ma con il modo in cui agisci mentre lavori, con quanta passione ci inserisci all’interno del tuo mestiere. Tutto è partito dal sogno di un bambino ed è la cosa più vera che posso raccontarti.

Mi sono sempre chiesta: Come si può definire la recitazione?

Ho una risposta che ho sposato. Nel mio percorso di formazione, ho studiato anche il metodo di Sanford Meisner, un grande maestro di recitazione. Quando ti approcci a Meisner, una delle prime cose che ti viene chiesta è: Cosa vuol dire recitare se dovessi spiegarlo ad un alieno? Meisner afferma: recitare è vivere veramente qualcosa all’interno di circostanze date, immaginarie. Quindi, per me, recitare vuol dire vivere veramente, con estrema verità ed onestà, all’interno di circostanze date, immaginarie. Per fare un personaggio come Amleto, non devi per forza essere un re o un principe. Ma devi sapere cosa vuole trasmettere quel determinato personaggio. Bisogna vivere veramente qualcosa, in un momento immaginario che accade sul palco. Questa è stata una grande lezione per me. Nella vita, è importante essere molto presenti per sé stessi e per gli altri, nel momento in cui si vive qualcosa. Quello è il momento in cui stai costruendo. Siamo una società molto proiettata verso il futuro e questo ci fa perdere molto il presente ed il passato. Nel presente costruiamo il nostro futuro. Nel presente rivive qualcosa del nostro passato.

Ma Lorenzo quando si sente davvero libero come essere umano?

Mi sento libero quando sono testimone di me stesso. Quando allineo quello che penso, quello che dico e quello che provo a quello che voglio e a quello che sto facendo. Questo mi aiuta perché ha molto a che fare con la mia libertà. Credo che sia un lusso essere presenti per sé stessi. Se ci pensi: quanti di noi possono dire che in un determinato momento pensavano ad una cosa, volevano quella cosa, agivano per quella cosa, la desideravano ed hanno fatto allineare tutto insieme? Sono rari quei momenti. Penso di essermi sentito veramente libero quando ho potuto far valere un mio desiderio, quando ho potuto far valere una mia volontà, ho potuto far valere qualcosa che stavo cercando. Gli ho dato voce, gli ho dato corpo. In quel momento, ho toccato la libertà perchè stavo esprimendo qualcosa di me attraverso le mie scelte e le mie azioni.

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