I passi fatti e quelli da immaginare. Le strade percorse e quelle da scoprire ancora. Gli esseri umani che ha incontrato e quelli da disegnare. Le paura da dissolvere e quelle da accogliere prima di ogni viaggio da programmare. Alice Torriani vive, respira, prende forma continuamente attraverso i colori, le stagioni, le occasioni della vita. Tra una sosta e l’altra, l’attrice e la donna che è diventata si incontrano, giorno per giorno, per costruire un’arte che abbraccia il mondo.
Intervista ad Alice Torriani
Immagina di essere ferma ad una fermata dell’autobus, dove senti di essere collocata in questo momento della vita? Prova a dare un nome a questa fermata.
Alice Torriani: Aiuto! La prima parola che mi viene in mente é trasformazione. Ma temo che la questione sia molto più profonda di così. C’è sicuramente di mezzo “un’apertura”, c’è sicuramente di mezzo più “spazio”.
In questo momento, mi sto distaccando dal mondo delle idee per scoprire ciò che mi dà realmente piacere. A volte cresciamo con un’idea di ciò che è giusto per noi, spesso inculcata dalla realtà familiare o dalla società. Scoprire cosa desideriamo realmente è un altro passaggio, e porta con sé una trasformazione, appunto. Nel mio caso ha portato ad ampliare moltissimo i miei orizzonti e per questo ora sto seguendo molti progetti che potrebbero sembrare distinti l’uno dall’altro, ma in realtà si informano a vicenda e parlano della stessa ricerca. Posso dunque dire che la mia fermata ha tre nomi : trasformazione, apertura, ricerca.
Poi, se ci penso, questi sono i nomi che darei ora, se ci sentiamo tra quattro mesi probabilmente a questa fermata darei nomi diversi. Ma questo è il bello delle continue prospettive che cambiano nel corso della vita.
In queste settimane, sei in onda su Canale 5 con la serie tv Il patriarca. Che percezione hai di te quando sei in onda? Cosa cambia all’interno del tuo mondo quando tutti, intorno a te, guardano cosa fai?
Alice Torriani: Negli ultimi anni ho spostato molto l’attenzione e il focus sul processo, non sul risultato. Sia come attrice che come persona. Sento di avere una sorta di distanza di sicurezza da ciò che pensano gli altri e le altre, dai giudizi. Quello che conta è la dedizione al lavoro, inteso come processo creativo, i giudizi sono elementi di passaggio. Dal 2020 ho iniziato un percorso di approfondimento della filosofia dello yoga, questa disciplina è un percorso di liberazione dal dolore attraverso il discernimento. Ci insegna che nella nostra mente i pensieri passano, ma noi possiamo disidentificarci da essi. Allo stesso modo cerco di lasciare che i giudizi vengano espressi ma non dò loro peso, non mi identifico. Tanto più che sono espressioni soggettive, per qualcun* un’attrice è meravigliosa per altr* no. Il mio centro è il lavoro, non i giudizi sul lavoro. Se ci sono degli inciampi, li considero parte del percorso. Con ogni interpretazione cerco di allontanarmi dalla perfezione e di abbracciare il processo.
Quando hai iniziato la tua carriera sentivi il peso di dover essere perfetta sul set?
Alice Torriani: Assolutamente sì. Come donna e come attrice ho sempre sentito questa pressione, sia in campo lavorativo che sociale. La sento ancora adesso a volte, ma è un altro di quegli elementi dai quali mi discosto, con i quali cerco di non identificarmi. Ma piuttosto, di avere un dialogo. Questo é un mestiere in cui, soprattutto per le donne, la richiesta della perfezione è un tema fortissimo, e purtroppo ancora poco considerato. Anche riguardo all’età, è come se ci fosse una richiesta intrinseca di non invecchiare, o di invecchiare mantenendo un certo livello di perfezione.
Nel corso del tempo, hai quasi sempre interpretato personaggi scomodi per una donna. Non hai mai raccontato la classica donna angelica, sempre buona e accomodante. Hai rappresentato le donne “interrotte”, quelle che spesso sono “sgualcite dalla vita”. Che effetto ti fa essere la portavoce di donne che non raccontiamo abbastanza?
Alice Torriani: Ti ringrazio per questa bellissima domanda. Sì è vero, interpreto quasi sempre donne “interrotte” o considerate “cattive”. É qualcosa che mi ha sempre incuriosita. Le persone mi chiedono: ma perché interpreti ruoli così lontani da te? É una domanda ancora in essere, per me.
In questo momento ho appena finito di girare una serie dal titolo “Hype”, diretta da Fabio Mollo e Domenico Croce in cui interpreto una madre atipica, di nuovo una donna “sgualcita dalla vita” ma per la prima volta, finalmente, non “cattiva”.
A dire il vero sono sempre molto contenta di non interpretare donne “buone, angelicate”, anche perchè spesso sono figlie di una visione patinata della donna, raramente i personaggi femminili in Italia vengono raccontati a 360 gradi. Nei personaggi definiti “cattivi”, come molti di quelli che ho interpretato, c’è almeno la possibilità di andare a fondo, capire da dove proviene il loro agire, indagare il loro dolore, la rabbia che le spinge ad agire in un determinato modo.
Mi piace molto interpretare le donne “interrotte” perchè permettono di frantumare questa idea della donna perfetta.
Attraverso lo yoga, quali sono le domande che ti stai ponendo e che si collegano poi alla recitazione?
Alice Torriani: un grande regista con il quale ho lavorato, Romeo Castellucci, ha diretto uno spettacolo chiamato Attore il tuo nome non è esatto. L’attore non dovrebbe agire, dovrebbe essere agito. E per essere agiti bisogna avere uno strumento, il proprio corpo, che sia a disposizione. Lo yoga per me aiuta a preparare il nostro strumento, a creare uno spazio attraverso cui qualcosa possa esprimersi attraverso di me. In quello che faccio spero sempre che di me ci sia pochissimo. È una provocazione, ma davvero penso che io non dovrei essere al centro. Nel mondo del cinema e del teatro, c’è sempre un IO al centro di tutto. Invece dovrebbe esserci un CON. Io non sono al centro delle cose, ma sono insieme alle cose e alle altre persone che hanno il mio stesso potere, vibrano così come vibro io. La sfida è stare al mondo e trovare uno spazio di coesistenza. Non bisogna accettare le regole che provengono da fuori e basta.
Nella tua vita c’è anche la scrittura: quel punto dove ti fermi e inizia a porti delle domande. So che stai lavorando al tuo terzo romanzo e hai scritto anche due serie tv (per la prima volta). In che modo ti stai evolvendo come artista anche attraverso la scrittura?
Alice Torriani: La scrittura, la recitazione, lo yoga sono tutte pratiche che si nutrono a vicenda. La scrittura offre nuove prospettive quando studio un personaggio da attrice, lo yoga mi insegna a fare il vuoto che serve perché qualcosa si manifesti. E tutte queste pratiche informano la mia vita, mi aiutano a scoprire nuove chiavi, avere nuovi occhi. Da qualche anno ho cominciato a sentirmi stretta nel ruolo solo dell’interprete, ho sentito la necessità di cominciare a piantare i miei di semi, così sono nate le due serie che ho scritto. Ho bisogno di porre le mie, di domande.
Quali sono gli esseri umani che ti stanno ispirando?
Alice Torriani: Penso subito ad Ahoo Daryaei, la studentessa che si è spogliata davanti all’Università Islamica Azad di Teheran.
Penso alle donne che fanno parte dell’associazione Amleta che stanno facendo una battaglia molto importante per tutt* noi.
Penso alle attrici madri che purtroppo non sono aiutate in questo paese. É scandaloso che anche solo il voler pensare di diventare madri possa trasformarsi in una specie di minaccia.
Penso a tutte le attrici e agli attori con una formazione solida e un grande talento ma che non riescono a trovare il loro spazio, né a sostenersi economicamente, per colpa di un sistema che predilige il denaro e la commercializzazione e non la ricerca e l’interrogazione. Uno stato in cui la Cultura non è supportata.
Nel 2017, mi avevi detto che speravi di diventare un essere umano “senza più paure”. Adesso, hai qualche paura?
Alice Torriani: Sono in un altro luogo rispetto alle paure. Ora le paure non sono al centro della mia vita. Ora al centro c’è la fiducia, e un’accettazione degli inciampi. Qualche paura ci sarà sempre ma credo di aver creato più spazio in me per tanto altro, anche per poter accettare che le paure fanno parte del processo e non devo liberarmene. Vivo ogni paura come parte del mio cammino.