Olivia Wilde: la strega cattiva di cui avevamo bisogno in una società patriarcale

Don't Worry Darling, Olivia Wilde torna a parlare di tutte le polemiche sul film: il licenziamento di Shia LaBeouf, il presunto litigio con Florence Pugh e la sua relazione con Harry Styles
(Credits La Biennale di Venezia – Foto ASAC, ph Andrea Avezzù)

In questi mesi, la nostra pesante e insistente società patriarcale ha dipinto una donna, l’ha marchiata con cura, l’ha adornata e abbellita con una serie di piccole e grandi fantasie pur di renderla la strega cattiva di cui avevamo bisogno.

Olivia Wilde ha assorbito la sete e la fame di un popolo che cerca continuamente una strega da mettere sul rogo, da annientare semplicemente per piacere, per gioco, per masochismo. Una regista sta per presentare il suo tanto sudato ultimo lavoro: la pellicola Don’t Worry Darling. Eppure, alle persone non interessa sapere perché si è spinta così lontano per quel progetto, quali sentimenti ha messo in gioco per costruire quella pellicola, quali fatiche ha compiuto per realizzare qualcosa di suo, solo suo. Alla gente interessa sapere come vive l’amore, quali relazioni amorose distrugge e quali, invece, riesce a tenere in piedi.
Olivia Wilde non è mai stata giudicata per la regista che è stata e che sarà. Olivia Wilde non è mai stata giudicata per l’artista che era e che vorrà essere. La sua vita è stata tagliata in mille piccoli pezzi e posta sotto ad una lente di ingrandimento per mesi. Il suo divorzio è stato analizzato in grande stile. Il suo fidanzamento con un uomo più giovane (Harry Styles) è diventato un vero e proprio bersaglio per colpirla. Già, perché è inconcepibile e sempre lo sarà che una donna scelga di divorziare, di innamorarsi di un uomo più giovane, di tenergli la mano per strada, di andare ad un suo concerto e cantare insieme a lui. É inconcepibile che una donna si innamori nuovamente e non sia solo una madre e basta.

Allora, i media, i paparazzi, la gente comune sceglie minuziosamente di giudicare lei, soltanto lei. E di lasciare in un angolo tutti gli uomini della sua vita. Come se quegli uomini fossero soltanto povere vittime di una stregoneria. Come se quegli uomini non fossero, allo stesso modo, protagonisti di quella storia.

La presentazione di un film diventa una faida. Il giudizio su una pellicola diventa l’occasione per analizzare sguardi, strette di mano, relazioni. E quella donna non viene mai apprezzata o giudicata per ciò che professionalmente ha creato. Ricordo e ricorderò sempre un video in cui Olivia Wilde viene inseguita insistentemente da una giornalista e da un paparazzo, mentre si reca in palestra. Quella violazione violenta della sua privacy, quel bisogno incessante di cercare qualcosa che non c’è, quel modo di disintegrarla a tutti i costi è un’immagine viva dentro di me. Ho visto una donna oggetto di una stampa, di sguardi pieni di giudizio e non ho mai visto umanità in tutto questo.

Ci piace spezzarle, demolirle, queste donne. Perché è più semplice così. La luce non deve entrare mai in questo mondo colmo di uomini che odiano le donne. Di donne che odiano le donne per la vitalità che scelgono di afferrare. Sono dalla parte di Olivia Wilde, tifo per la sua arte. Perché chi sceglierà di amare, sarà solo affar suo.

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